GSX-R 1100 streetfighter by Suzuki
Parlando di special su base Suzuki GSX-R 110, ci sarebbe da passarci la notte. La stracciacopertoni di mamma Suzuki infatti è una tra le sportive del passato non troppo recente -per capirci, che oggi si comprano con pochi euro- maggiormente usata come base per special caratterizzate da un carattere scorbutico e da prestazioni degne di questo nome.
La GSX anni novanta vantava infatti un telaio in alluminio a doppia culla chiusa, che ricorda vagamente in stile quello celato sotto alla carena della RG 500 Gamma (Non conosci questo modello? Clicca e vai all'articolo!) e che, spogliato della carenatura, regalava un ottimo impatto estetico senza dover perdere troppo tempo in modifiche, avendo già di suo una linea piacevole e compatta, ben diversa dai vari perimetrali delle altre sportive dell’epoca i quali, pur indubbiamente validi, privati del vestito della festa risultavano un po’ troppo tozzi per una nuda cafèracer.
Quella presentata in queste foto ne è un esempio perfetto e, pur non essendo di recentissima realizzazione, rappresenta tutt’oggi quel che significa fare special genuine ed intriganti senza esser costretti a spendere un capitale e ad attingere da blasonati cataloghi after market. La ricetta è molto semplice ed è forse l’unica che vale un po’ per tutte le special, siano esse custom, cafèracer, chopper, bobbereccecc… Ossia, togliere tutto il superfluo e sostituire –o rendere più intrigante- l’indispensabile con una buona dose di ingegno e manualità. Ecco quindi che la cara vecchia Suzukona perde la carenatura e tutti i gadgets giudicati superflui. Il telaio ora in bella mostra riceve una sana lucidatura a specchio, così come avviene per cerchi, forcella e forcellone, mentre la coda di serie lascia il posto ad una unità prelevata di peso da una Kawasaki Z 650, opportunamente allungata e risagomata nonché fissata ad un telaietto artigianale.
La sella prende la via del cassonetto, ed al suo posto compaiono crudeli strip di neoprene, che regalano una linea filante e snella a tutto l’insieme -anche se ci chiediamo sinceramente cosa possano regalare al fondoschiena del pilota…-. Il manubrio standard lascia il posto ad un elemento originariamente appartenuto ad una V-Max, ora montato su riser Virago, mentre l’ottica anteriore è composta da un doppio elemento circolare sovrastato da un mini cupolino di fattura artigianale, così come il cortissimo fender anteriore. Al posteriore troviamo invece un portatarga inesistente e due ottiche bullet style che fungono da luci posteriori.
La verniciatura by Carrozzeria Magic Car, realizzata su grafica by Angelo Simonin, è una di quelle che si ama o si odia, ma in entrambi i casi che non lascia indifferenti. Motore e componentistica meccanica restano di serie, scelta che garantisce un’affidabilità stock che di certo non guasta. In poche parole, una moto genuina e di gusto, che permette al proprietario di scorrazzare con stile e di farsi notare al semaforo senza massacrare il portafoglio. Non erano proprio queste le prerogative principali delle prime self made bike?
Andrea Mariani
fonte: Extreme Magazine
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