mercoledì 16 luglio 2014

Prova: Harley Davidson Café Racer XLCR 1000


Harley Davidson XLCR 1000, Café Racer per veri uomini

Per veri uomini, proprio così recitava la pubblicità della Harley-Davidson nel 1977. In realtà, la traduzione letterale era "solo un uomo può aver fatto questo", ma il senso era più o meno lo stesso, ossia, una moto fatta dagli uomini per gli uomini. Uno slogan pubblicitario che oggi potrebbe apparire non troppo azzeccato. All'epoca, però, lo scopo della Harley era quello di contrapporre un mezzo "caldo", umano, i cui difetti congeniti erano innegabili ma quasi motivi di vanto per i fedelissimi della Company, ai freddi ma quasi perfetti progetti giapponesi che dall'inizio degli anni '70 stavano invadendo il mercato americano, sottolineando il lato "rude" o "muscle" della moto che tanto piaceva alle schiere di cow-boys d'oltre oceano.
Effettivamente l' LXCR 1000 di difetti ne aveva diversi, primo fra tutti quello di derivare da un progetto vecchio di vent'anni, quello dello Sportster, il che la faceva di certo partire in svantaggio nei confronti delle modernissime maxi giapponesi come Honda CB 750 Four, Gl 1000 Gold Wing e Kawasaki Z 900. Poi, forse un po' di confusione nella dirigenza della Harley AMF di quegli anni fece sfornare un'altro slogano pubblicitario, un po' infelice e di certo in contraddizione con il precedene. "Caviale su ruote", se da un lato voleva sottolineare la ricercatezza del progetto, di certo spegneva l'entusiasmo dei patiti di lazo e birre scure.
Ad ogni modo, la Café Racer era una moto di sostanza, con tutti i pregi e i difetti tipici delle Harley di quegli anni. Guidarla oggi si rivela un'esperienza piuttosto impressionante, anche per chi è avvezzo al ferro americano. La moto appare solida come il granito, in tutti i sensi. Non è affatto maneggevole, sfiora i 190 kg ed è sicuramente inadatta ai percorsi tutte curve su cui le Café Racer dovrebbero essere a loro agio. La buona potenza del motore -998cc, con 61 cavalli a 6200 giri ed una coppia di 7 kgm a 3800 giri- ed in particolare la sua coppia generosa la rendono però molto divertente in accelerazione e nel misto veloce, dove il telaio denuncia leggermente i limiti dell'età e del baricentro piuttosto alto ma nel complesso viene promosso a pieni voti. La ciclistica poi si rivela migliore delle aspettative e, se non all'altezza delle contemporanee Italiane, di certo superiore alle rivali giapponesi.
I tre dischi dell'impianto frenante svolgono il loro dovere senza infamia e senza lode, mentre le ruote da 19 e 18 pollici non aiutano la maneggevolezza ma di certo si rivelano valide in autostrada. Nota dolente, come per tutte le Harley, sono le vibrazioni. Sempre presenti, aumentano progressivamente con il numero dei giri rendendo la Café Racer sempre più difficoltosa da condurre man mano che sale la velocità, cosa davvero non buona per una moto di questo tipo. Come sempre per le Harley-Davidson, però, questa serie di difetti non ne hanno decretato l'insuccesso -anche se i bassi numeri di vendita nei soli tre anni di produzione dovrebbero far riflettere- tramutandola in un vero pezzo da collezione, le cui quotazioni oggi sono considerevoli, ed in una vera icona per tutti quegli yankee che, abbandonando sissy bar e buck-horn, cominciarono ad apprezzare comandi arretrati e semimanubri ma non vollero in nessun caso vendersi alla concorrenza. A distanza di quasi quarant'anni, l'Harley Davidson decide di tentare nuovamente l'esperienza con L' XR 1200.
La simil naked americana infatti, pur rievocando nel nome le sportster da short-track più che la Café Racer, in realtà assomiglia molto di più a quest'ultima che non alle cuginette che correvano sugli ovali in terra battuta. Anche in questo caso, però, il risultato non è stato dei migliori. La nuova XR 1200 è infatti una nuda di chiara ispirazione Europea, solida e corposa ma come la più anziana, gravata da un'impostazione troppo "U.S.A." per piacere ai racer europei, e troppo europea per piacere agli smanettoni d'oltreoceano.  


Andrea Mariani


venerdì 11 luglio 2014

Video: Come costruire una moto a reazione / How to make a Jet-motorbike


Una moto a reazione nel garage di casa? Qualcuno c'è riuscito!

Un genio o un pazzo? Forse tutti e due. Di sicuro, c'è da dire che Colin Furze sa esattamente come impiegare il suo tempo libero e davvero non si fa problemi, quando c'è da sperimentare... Certo che, se qualcuno di noi si sente tutto soddisfatto per esser riuscito a riparare il frullatore o la lavastoviglie senza ricorrere all'aiuto di un tecnico, la nostra autostima non può che sotterrarsi di fronte ad un tizio che sa come costruisce una moto a reazione -sì, proprio come i jet!- con una vecchia bicicletta, un saldatore, tanta inventiva e poco altro... Allora, che aspettate a cliccare? Buona visione!



Andrea Mariani




giovedì 10 luglio 2014

Video: Muro della morte fatto in casa by Colin Furze



Colin Furze: genio e pazzia from Stamford

Colin Furze è un idraulico, stuntman, recordman e regista di Stamford, in Inghilterra. E' il detentore del Guinness World Record per la moto più lunga del mondo, lo scooter per diversamente abili più veloce del mondo e per il passeggino più veloce del mondo. Noi di MOTOeTUTTOilRESTO lo abbiamo già conosciuto in occasione della presentazione della sua "moto a reazione fatta in casa"(Clicca e vai all'articolo!). In realtà, non abbiamo ancora ben capito se si tratti di un vero genio o di un pazzo scatenato.


Di certo, non si può dire che Colin Furze non abbia cervello, inventiva, una buona dose di fegato e.... Che sia matto da legare. Tanto da costruirsi un "muro della morte" fatto in casa e di percorrerlo con un Honda Sky rischiando l'osso del collo. Non ci credete? Allora guardate un po' il video di seguito...

Andrea Mariani

venerdì 4 luglio 2014

Prova: Kawasaki Z1 900


Kawasaki Z1 900, un pezzo di storia dell'industria motociclistica

La storia della Kawasaki Z1 900 è un po' più complicata di quanto si possa pensare. Storicamente, si tende ad individuarla come la risposta della Kawasaki alla Honda CB Four. In realtà, ciò è vero fino ad un certo punto. Sembra infatti che la sia stata proprio la Kawasaki la prima a metter in cantiere -era il 1966- il progetto di una grossa quattro cilindri in linea. Questo, per far fronte alle richieste sempre più pressanti del mercato americano di una grossa e performante "jap" capace di appropriarsi di quell'aura di sportività che da sempre circondava le moto inglesi. La honda però fu più veloce e con la sua CB Four 750 batté sul tempo la rivale, presentando una moto equilibrata, performante, stabile -per l'epoca- ecc... ecc... 

La Kawasaki non si fece prendere dal panico ed, anzi, fece tesoro delle -poche- pecche della concorrente per realizzare una moto egualmente moderna, affidabile e performante ma aggiungendo quel pizzico di emozione in più che alla CB 750 purtroppo mancava. Inizialmente chiamata Zapper e prevista nelle cilindrate di 750 e 850 cc., la nuova Kavasaki venne messa in commercio con il nome di Z1 900 -la cilindrata definitiva era infatti di 903 cc.- nel 1971 e si confermò quasi subito come una vera e propria icona. Un motore prorompente, capace di erogare 82 cv a 8500 giri/min accoppiato ad una ciclistica degna di questo nome, fece finalmente dimenticare appellativi quali "bara" affibbiati alle varie tre cilindri due tempi immediatamente antecedenti.

La Z1 900 si impose sul mercato come alternativa "più vivace" alla Honda CB Four, dando origine ad una progenie arrivata praticamente ai giorni nostri. Ed a tutt'oggi, guidarla si rivela un vero godimento. 


Oltre ad una linea filante, inconfondibile ed oggettivamente meravigliosa, la Kawa si rivela potente, precisa, stabile e ben frenata. Insomma, è difficile farle un appunto. A patto ovviamente di tener sempre presente che si ha a che fare con un mezzo di quarant'anni fa. Ed anche di un certo valore, viste le attuali quotazioni raggiunte. 

Andrea Mariani

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martedì 1 luglio 2014

CENTVRUN 2014 by CENTVRIA MOTORCYCLE GROUP


E' ora di scaldare i motori e cominciare a far girare quelle ruote rimaste troppo tempo in garage a prender polvere. Approfittando dell'ormai bella stagione sono in molti i motoclub che organizzano run e feste in ogni parte d'Italia, fornendoci la scusa per caricare la moto e scappare da quella marea di fastidiosi impegni familiari che troppo spesso ci affliggono nelle poche giornate che il lavoro ci risparmia. Stavolta, sono i fratelli della Centvria Motorcycle Group a darci il via. Per domenica 13 luglio, hanno organizzato un bel run verso i monti tiburtini. Noi ovviamente ci uniremo a loro... E voi? Cosa state aspettando?

Programma:
Ritrovo ore 9:30 in via Tiburtina km 19,800 -uscita 13 del G.R.A. "via Tiburtina direz.Tivoli" e proseguire per 7,8km.- Guidonia (ROMA) nei pressi del distributore ENI -subito dopo il kartodromo "La Pista D'Oro" venendo da Roma-. Ore 10:30 partenza -tassativa!-, sosta con aperitivo a Marano Equo (Roma) ed arrivo in via Baden Powell a Subiaco (Roma). Dopo il pranzo, per chi lo vorrà, ci sarà la possibilità di cimentarsi nel rafting al prezzo di €10 (istruttore compreso), anziché 18€. L'evento si terrà anche in caso di pioggia.

Dalla Centvria ci ricordano che il pranzo non avrà luogo  in un ristorante ma in una piazzetta limitrofa alle sponde del fiume Aniene, godendo di fresco,ombra e riparo per tutta la giornata. Il pranzo verrà 20€ a persona e sarà composto da: antipasto, primo, secondo, contorno, dolcetti locali, acqua e vino. Per non rimanere "a bocca asciutta" e per una migliore gestione dell'evento, si consiglia vivamente di  prenotare il prima possibile alla mail dedicata "christianmaga@libero.it" oppure  telefonando al 347.5250793(Christian). Il pranzo sarà allietato da una rock-blues band. 

Andrea Mariani


Kill Joy Summer Party 2014


Sembra proprio che l'estate romana sia sempre più costellata di eventi fatti su misura per noi motociclisti. Sabato 28 giugno è andato in scena il Kill Joy Summer Party 2014, evento dedicato agli amanti delle due ruote e di tutto ciò che ruota intorno al Biker Life Style che tutti noi ben conosciamo. Quindi, custom car, live music di quella buona, body painting e, ovviamente, birra a fiumi accoppiata ad un po' di sano american food che una volta a settimana dicono non faccia male. Il risultato è stato notevole, grazie prima di tutto alla location del Kill Joy che tanto si adatta a chi si sente a suo agio tra capannoni, officine e banconi -quelli dove si spilla...- Un applauso agli organizzatori, a Davide Occhipinti e Daniele Lesti in particolare, quindi, e a tutti i fratelli che hanno contribuito con la loro presenza a rendere più calda la notte di Roma. Un ringraziamento speciale va a Christian, segretario della CENTVRIA Motorcycle Group, in questa occasione eccezionale inviato speciale per MOTOeTUTTOilRESTO.

Andrea Mariani