mercoledì 4 gennaio 2017

Rusty Motors Garage & Centro Moto Jenner, l'eccezione che conferma la regola?

L'ultima volta che abbiamo incontrato i ragazzi del Rusty Motors Garage, in quel del Distinguished di settembre, avevamo intuito che c'era aria di novità. Persi però nel caos delle quasi 3000 moto che hanno invaso il centro di Roma, non siamo riusciti neanche a salutarli.Approfittando dell'ultima trasferta nella capitale per le feste di natale, pensando quindi di fare una sorpresa ai ragazzi arrugginiti, ci siamo presentati al Garage e... La sorpresa è stata fatta a noi. La saracinesca  infatti era bella che chiusa, e visto che di solito è aperta anche di notte, siamo rimasti piuttosto perplessi. Non c'è rimasto altro da fare che prendere il telefono e chiamare Mr. Ruggine... Il boss del Garage ci risponde trafelato come al solito, "Dai, fate un  salto a Via Jenner 35, che ci prendiamo un caffé..." ci dice soltanto.
Inutile dire che, quando scopriamo che Via Jenner 35 altro non è se non l'indirizzo di CMJ, o meglio Centro Moto Jenner, officina storica romana e conosciuta in tutta Italia per i suoi restauri di Moto Guzzi Falcone, Astore, Alce e compagnia bella, le idee ci si confondono ulteriormente... Anche a causa delle opere d'arte a due ruote che affollano l'officina e che ci si parano davanti non appena entriamo...
Cavolo, ce ne sono talmente tante che le hanno stipate anche sui muri! In mezzo ad una tale quantità di di ferro italiano, in un'officina che sembra uscire direttamente dalle pagine di una rivista dei tardi anni sessanta, troviamo imbronciato come al solito il buon Andrea, che traffica attorno ad un Kawa Z fine anni '70. Saluti di rito e sigaretta tra le labbra, cominciamo finalmente a capirci qualcosa.
Da una parte, sapevamo già da tempo che Mr. Ruggine era alla ricerca di uno spazio più ampio dove smanettare con i suoi amati ferri giapponesi ed inglesi. La sua lunga collaborazione con il team di Cafè Twin e le tante motorette che ne sono scaturite erano infatti storia nota. Sembra quindi che, proprio durante questa ricerca,
 sia arrivato inatteso l'incontro con Amerigo Quadri, che non ha certo bisogno di presentazioni nell'ambiente dei restauri d'alto livello, e che da qualche tempo stava cercando un "compare" per allargare il raggio d'azione di Moto Jenner verso nuovi settori. Il sodalizio ci sembra di
primo acchito un po' azzardato, in verità... Non è infatti una novità che restauratori e customizzatori siano soggetti in congenito e perenne contrasto tra loro. Ragionandoci un momento, però, forse la coppia in questione sarà proprio l'eccezione che conferma la regola.
Le Rusty bike sono sempre state caratterizzate infatti da 
soluzioni tecniche pragmatiche e costruite per macinare chilometri con stile ma senza mai mettere in secondo piano affidabilità e comodità. 
E poi, Mr. Ruggine non è nuovo neanche ai restauri dogmatici, avendo una lunga lista di jap al suo attivo. Moto Jenner, dal canto suo, sorvolando sull'esperienza ventennale nel campo dei restauri, ha già anche una certa esperienza in customizzazioni, essendo entrato nella top ten del primo Moto Days della capitale con una Harley V-Rod bianco perlato che ancora fa parlare di se...
Certo ci sarà da ridere, visto che entrambi i soggetti in ballo sono tipi che vanno subito al sodo e che preferiscono far correre veloci, e affidabili, rudi ferri d'annata piuttosto che rifare il trucco a qualche lucida motoretta alla moda... Voi che ne dite? Ci ritroveremo con un Guzzi Falcone post-atomico o con una Honda CX turbo con parafanghi avvolgenti e sospensioni a compasso?
Forse ne l'uno ne l'altra, visto che sui ponti dell'officina troviamo un Road King, una Guzzi 850 T5 che somiglia più ad una Manx ed un Tremmezzo sport in fase di restauro. Se è vero però che i grandi viaggi cominciano tutti da un primo passo, bisogna dire che i nostri hanno cominciato con il piede giusto. Per iniziare ad affiatarsi, hanno sfornato un paio di motorette semplici semplici così, tanto per non annoiarsi e... Mixando un po' le rispettive attitudini! In un altro angolo del CMJ ci sono infatti, pronte per essere consegnate, due realizzazioni del sodalizio...
Una BMW R45 portata ad 860cc e leggermente scramblerizzata ed un Falcone Sport restaurato bullone per bullone... Beh, chi ben comincia... Aspettiamo quindi con ansia di vedere cosa combineranno questi due soggetti...  
Ivan Gemini


venerdì 20 maggio 2016

Moto Guzzi Falcone 500, restauro totale dagli amici di CMJ di Roma


Gli amici di CMJ Centro Moto Jenner di Roma non sono certo di quelli che tirano fuori una moto a settimana ma, quando mettono in strada una bimba, di sicuro farà parlare di se per un pezzo. Ed ecco un bell'esempio del loro modo di lavorare. A voi il Guzzi Falcone 500 "S'or Peppe"...

Ivan Gemini 

Info e contatti: www.centromotojenner.com




sabato 5 dicembre 2015

Prova: SUZUKI 750 GT


Suzuki 750 GT, tre cilindri e due tempi per una granturismo di razza

Nei vari saloni motociclistici, nel lontano 1971, la novità principale riguardava l'inaugurazione di un nuovo "filone", quello delle tre cilindri due tempi di cubatura elevata, grandi potenze e grandi prestazioni. Questa nuova tipologia di moto fu la risposta di Kawasaki e Suzuki alla conterranea Honda ed alla sua magistrale interpretazione del concetto, o meglio alla "sua" invenzione del concetto di superbike: la CB 750 Four. Certo, rispondere con dei tricilindrici assetati e dalle prestazioni esagerate ad una quattro in linea monoalbero a camme in testa, ad oggi, può non sembrare la soluzione migliore. Effettivamente, anche allora sia la Kawasaki
con la Mach III 500 prima e Mach IV 750 dopo, che la Suzuki con la 750 GT, non andarono ad impensierire troppo sua santità CB 750, pur riscontrando un successo eccezionale le prime due ed un buon successo la terza. I motivi sono piuttosto intuibili. Se la Honda infatti aveva tirato fuori una maxi moto perfetta da ogni lato ma, proprio per questo, piuttosto avara nel regalare emozioni brucianti, la Kawasaki aveva partorito due mostri di potenza tutti emozioni ma poco 'fruibili" dal motociclista medio, che andarono però ad infiammare i cuori di coloro dal "manico pesante". Due utenze diverse, quindi, per due concezioni diverse di moto, che non sono date troppo fastidio l'una
con l'altra. Il caso della Suzuki 750 GT invece è diverso, ed è proprio questa la ragione del suo minore successo. Innanzitutto, va tenuto conto che la Suzuki non fu proprio velocissima nell'intuire che il mercato di allora si stava orientando sulle sportive estreme. La 750 GT, infatti, venne presentata in una veste granturistica che non riuscì a far breccia più di tanto, e le vendite ne risentirono. Poi, una scelta tecnica veramente poco indicata in quel particolare momento storico fu l'adozione del freno anteriore a tamburo che, oltre ad essere "tecnicamente" un po' al di sotto delle aspettative, in termini di immagine faceva perdere alla Suzuki un bel po' di punti rispetto alle concorrenti "discate". A distanza di quarantadue anni dalla sua presentazione, però, non si possono non apprezzare le indubbie qualità di un mezzo come la GT 750. Al primo contatto se ne
apprezza lo stile pulito e, soprattutto nella livrea viola con strisce bianche, quell'aria sbarazzina che fa tanto San Francisco fine anni '60. Se l'accensione elettrica funziona -in caso contrario c'è comunque l'utilissima pedivella-, la moto inizia a borbottare rauca e sibillina ma sempre morigerata, a differenza degli urli striduli tipici delle Mach, e già da qui si intuisce il carattere di grande stradista. La potenza c'è, grazie anche ai tre Mikuni da 32,  ma all'apertura del gas risulta distribuita in modo piuttosto omogeneo e soprattutto imbrigliata in un telaio a doppia culla che fa il suo dovere. Le sospensioni risultano dignitose ed alla fine anche l'impianto frenante non è poi così male, anche se il doppia camma anteriore non brilla davvero per potenza. Su strada, il misto stretto davvero non le si addice ed anche i curvoni veloci
vengono affrontati con qualche ondeggiamento di troppo, ma la moto è nel complesso stabile ed abbastanza precisa -sempre ragionando in termini di 40 anni fa-. In poche parole, una granturismo di sostanza, da condurre con qualche riguardo ma che, usata nel modo giusto, sarebbe capace di arrivare in capo al mondo. Certo, alle basse velocità non si può proprio dire che sia un peso piuma, ma la notevole coppia motrice aiuta a trarsi d'impaccio in ogni situazione. Aumentando un po' i giri la moto sfodera tutti i 67 cv di cui è capace, ma per essere un due tempi appare sempre gestibile e sobria. La velocità dichiarata di 192 km/h non sembra poi così fantasiosa, visto il tiro del tricilindrico e l'estrema facilità con cui sale di giri, ma le precauzioni del caso e la posizione di guida rendono i 110 km/h la velocità di crociera più adatta, tenendosi sempre buona la riserva di potenza necessaria per qualche sorpasso sopra le righe. Strano ma vero, la GT si rivela
anche piuttosto parca nei consumi, e se i 7,5 litri dichiarati per 100 km fanno leggermente sorridere, con una guida attenta si riesce tranquillamente ad arrivare intorno ai 10. Certo, a questo punto saremmo curiosi di provare la versione del 1974, che oltre ad avere il disco anteriore era stata portata a 70 cv, anche se ad un regime di giri molto elevato (8500 contro i 6500 del modello precedente). Ma non tanto per l'incremento -quasi irrisorio- di potenza, quanto per vedere se una distribuzione così omogenea -per un due tempi- di potenza abbia o meno beneficiato dei ritocchini di mamma Suzuki...


Andrea Mariani